A Bologna e in alcune località della nostra regione c’era una precisa tradizione riguardante il primo giorno dell’anno. I bambini andavano di casa in casa a suonare i campanelli per augurare buon anno, in cambio ricevevano qualche soldino. La filastrocca da recitare era questa:

“A sån vgnó a dèr al bån chepdân, ch’a canpéssi zänt ân, zänt ân e un dé, la bonamàn la vén a mé”  che significaSono venuto ad augurare buon anno, che possiate vivere cento anni, cento anni e un giorno, la mancia viene a me” (¹)

Spesso i bambini si organizzavano in gruppetti e alla fine della mattinata raccimolavano un discreto gruzzoletto. I primi ricevevano qualche soldino in più rispetto a quelli che giungevano più tardi.

Era una tradizione molto radicata  di cui alcuni ancora oggi sentono la mancanza.

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Divieto alle bambine

Gli auguri potevano essere fatti esclusivamente dai maschietti. Alle femmine era fatto divieto girare per le case per il “Buon anno”. Anche dagli adulti ci si aspettava che l’augurio fosse dato per primo dall’uomo di casa che doveva essere il primo a varcare la soglia. Le telefonate augurali seguivano lo stesso schema: il primo a fare gli auguri era l’uomo, poi la donna.

Perchè?

Perchè le femmine avrebbero portato sfortuna, rendendo funesto l’intero anno!

Tradizione o superstizione?

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La tradizione è  la trasmissione nel tempo, di generazione in generazione, di consuetudini, usi e costumi. La superstizione è invece una credenza dettata dall’ignoranza, convinzioni sorpassate e atteggiamenti irrazionali. Ecco, in questo caso ci troviamo davanti a una superstizione che è parte di una tradizione locale via via andata in disuso, fino a scomparire. E meno male! Non tutte le tradizioni sono da salvare. Di questa ce ne siamo liberati. Poteva essere conservata solo se rivisitata includendo le bambine.

E voi, quanto siete superstiziosi?

Elisa Barbari

(¹) Traduzione di Roberto Serra che ringrazio per la disponibilità

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