Un’antica tradizione del contado emiliano-romagnolo vede protagonista il fuoco. Tradizionalmente nell’arco di giorni compresi fra il 26 febbraio e il 3 di marzo, nelle campagne della nostra regione si organizzavano fuochi chiamati Lòm a Mêrz.
I Lumi a Marzo simboleggiano la luce che rende fertili i campi dopo il lungo e rigido inverno. Un rituale pagano, magico, legato ad epoche lontane in cui la vita, il lavoro e l’economia erano scandite dalla natura e dalle stagioni. Un falò propiziatorio per auspicare raccolti fruttuosi e allontare insidie e avversità.

Falò di Oriolo dei Fichi. Foto di Luca Lelli
Immedesimiamoci per un attimo in questo momento storico. Un tempo in cui ci si levava al mattino di buon grado al cantar del gallo e ci si coricava dopo il calar del sole. Luce e tenebre si alternavano seguendo il ciclo proprio della natura senza interventi artificiosi. Le stagioni con i rigidi inverni, le primavere piovose e le arsure estive, dettavano le condizioni -sia di lavoro che di vita- dell’uomo. Uomo impotente contro i flagelli di madre natura: gelate tardive o piogge torrenziali che minacciavano il duro lavoro nei campi.
Ma ecco che sul finir di febbraio e i primi di marzo, all’imbrunire, le campagne si adornavano di una nuova veste. I falò disseminati fra colli e pianura si districavano qua e là avvolgendo come un manto caldo e luminoso l’orizzonte. Attorno ai falò si radunava il contado che festosamente trascorreva la notte pasteggiando in compagnia di musiche danzanti. Senza temere il freddo della notte, scaldati dal crepitio di ceppi e ramaglie e dai racconti dei più anziani, bruciavano sterpaglie esorcizzando le avversità e auspicando prosperità.
Oggi come ieri, il rito agreste è riproposto in alcune realtà rurali emiliano romagnole. L’antica cultura popolare prende nuova vita, proprio come il corso della natura e i raccolti delle campagne nei mesi a venire.
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